L'ignoranza delle regole della grammatica porta i parlanti e gli scriventi ad immaginare una lingua italiana che non esiste: una lingua tutta al maschile con relativa scomparsa del genere femminile.
Sono "su piazza" decine di donne che dirigono enti, scuole, giornali, istituzioni, che si fanno chiamare "direttore", che presentano loro stesse come "direttore" e non come "direttrice" e così violentano la grammatica e la parità del loro genere.
Le direttrici che si mascherano da "direttori" sono poi le stesse che lottano per le pari opportunità tra femmine e maschi.
(Foto da un autorevole Quotidiano) - Più che altro: "La ministra"! |
Quando capiranno che la subordinazione della donna si realizza anche con l'uso della lingua solo al maschile?
Un direttore, un ministro, un avvocato sono più autorevoli di una direttrice, di una ministra, di un'avvocata? Evidentemente no! E allora? In nome di che cosa vengono compiuti questi "delitti lessicali"?
Chi scrive o dice "il presidente Laura Boldrini" anziché "la presidente Laura Boldrini" dimostra di non conoscere la grammatica o di essere un inconscio spregiatore del genere femminile.
É d'obbligo tornare a quella che è già stata definita come una "fissazione" degli scriventi e parlanti italiani, che già ci hanno deliziato con "la vigilessa" e, addirittura "la presidentessa" (anziché "la vigile" e "la presidente").
La "fissazione" del femminile in "essa" va subito messa al bando, prima che a qualcuno venga in mente di dire o di scrivere:
"cavallessa" come femminile di "cavallo";"bambinessa" come femminile di "bambino";"canessa" come femminile di "cane".
In chiusura voglio, però, segnalare una luce in fondo al tunnel. La ministra Cécile Kyenge e la presidente della Camera Laura Boldrini hanno chiesto, ufficialmente, di essere appellate come "la ministra" e la "presidente".
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